giovedì 30 aprile 2009

Il ritorno di Iota unum


Ne abbiamo già parlato più volte, ma ripetersi non nuoce. Iota unum, il grande capolavoro del filosofo italo-svizzero Romano Amerio, is back. Sarà disponibile tra quindici giorni nelle librerie, ma si può già richiederlo alla casa editrice Fede & Cultura che ne ha curato la ristampa. Possiedo il volume e devo dire che, pur non disconoscendo l'eleganza della vecchia edizione Ricciardi, questa nuova veste editoriale si presenta in modo egregio ed è certamente più maneggevole. Contributi introduttivi di mons. Luigi Negri, di don Divo Barsotti e di p. Giovanni Cavalcoli.

Auguro una buona lettura (o rilettura) a tutti con una bella citazione tratta dal paragafo 90:

"Il cattolicismo rifiuta ogni dipendenza di uomo da uomo. La dipendenza che professa è quella dell'uomo dalla propria essenza, quella insomma che esclude il principio di creatività. Essendo le essenze, come tali, forme divine increate e, come esistenze, partecipazioni di quelle, uscite all'atto per creazione, questa dipendenza è ultimamente una dipendenza dall'Essere primo. L'uomo che si fa consapevole di questa dipendenza e la assume, fa un atto di obbedienza morale all'essere divino".

lunedì 27 aprile 2009

100 anni sprecati

Domanda di Piergiorgio Odifreddi: Crede in Dio? Risposta di Rita Levi Montalcini: Sono atea. Non so cosa si intende per credere in Dio.

domenica 19 aprile 2009

Femmes savantes

La donna "intellettuale" fa l'errore di prendere sul serio gli argomenti seri che sono il gioco degli uomini.

martedì 14 aprile 2009

Progresso, crescita e abbondanza.


Sono le nostre società industriali e productivistes, contrariamente a certe società primitive, ad essere dominate dalla "rarità", dall'ossessione per la rarità caratteristica dell'economia di mercato.

Più si produce, più si accentua l'allontanamento irrimediabile dal termine finale, ossia l'abbondanza - definita come l'equilibrio della produzione umana e delle finalità umane.

Dato che in una société de croissance ad essere soddisfatti sono i bisogni stessi dell'ordine di produzione, sempre maggiormente soddisfatti a misura della crescita/aumento della produttività, e NON invece i bisogni dell'uomo, sulla misconoscenza dei quali si basa al contrario tutto il sistema, risulta chiaro che l'abbondanza regredisce indefinitamente.


Erano invece i popoli dei "cacciatori-raccoglitori" ( ossìa le tribù nomadi primitive ) a conoscere la vera abbondanza malgrado la loro "povertà" assoluta.
I primitivi non possedevano nulla in proprio, non erano ossessionati dai loro oggetti, che gettavano a seconda delle necessità, per potersi meglio spostare di volta in volta, seguendo i ritmi del tempo, il mutare delle stagioni e le migrazioni della cacciagione.

Non conoscevano alcuno strumento di produzione nè di lavoro: cacciavano e raccoglievano "a piacere", si potrebbe dire, e mettevano il tutto in condivisione tra loro.

La loro prodigalité era totale: consumavano tutto subito, senza calcolo economico, senza razionare le risorse.

Il "cacciatore-raccoglitore" non ha nulla dell' Homo Oeconomicus d'invenzione borghese; non varca mai il limite delle energie umane, delle risorse naturali e delle possibilità economiche effettive.
Dorme abbondantemente, confida nella ricchezza delle risorse naturali, mentre il nostro sistema é contraddistinto dal désespoir di fronte all'insufficienza dei mezzi umani, da una angoscia radicale e catastrofica che é l'effetto profondo dell'economia di mercato e della concorrenza generalizzata.

L' imprevidenza e la prodigalità collettive, caratteristiche delle società primitive, sono il segno dell'abbondanza reale.

A noi, non rimangono che i segni, che l'illusione dell'abbondanza.



Da Jean Baudrillard, La société de consommation, 1970.

sabato 11 aprile 2009

Sant'Agostino ci parla di mons. Léfebvre?


Spesso la divina Provvidenza permette anche che, a causa di alcune rivolte troppo turbolente dei carnali, gli uomini buoni siano espulsi dalla comunità cristiana. Ora essi, se sopporteranno pazientemente l’ingiusto affronto per la pace della Chiesa, senza cercare di dar vita a qualche nuovo scisma o eresia, con ciò insegneranno a tutti con quanta autentica disponibilità e con quanta sincera carità si deve servire Dio. È loro intenzione infatti ritornare, una volta cessata la tempesta; oppure – se ciò non è loro concesso sia per il perdurare della tempesta sia per il timore che, con il loro ritorno, ne sorga una simile o più furiosa – non abbandonano la volontà di aiutare coloro che, con i loro fermenti e disordini, ne provocarono l’allontanamento, difendendo fino alla morte, senza ricorrere a segrete conventicole e mediante la loro testimonianza, quella fede che sanno proclamata dalla Chiesa cattolica. Il Padre, che vede nel segreto, nel segreto li premia. Questo caso sembra raro; gli esempi però non mancano, anzi sono più numerosi di quanto si possa credere. Così la divina Provvidenza si serve di ogni genere di uomini e di esempi per guarire le anime e formare spiritualmente il popolo.

Sant’Agostino, De vera religione, 6, 11.

venerdì 3 aprile 2009

Finalismo e scienza

A detta di alcuni scienziati, nella natura non esisterebbero cause finali. Esse, infatti, non sarebbero altro che proiezioni della mente umana: assenti, come tali, dal meccanismo effettivo dell’universo, retto da cieche concatenazioni causali.

Com’è noto, quegli stessi scienziati concepiscono l’uomo come una parte o frammento della natura; frammento, dunque, integralmente risolvibile ed esauribile in essa. L’essere umano sarebbe, così, null’altro che un composto materiale governato da leggi, alla stregua di un sasso o di una pianta estremamente complessi e raffinati. Il determinismo causale che lo condiziona sarebbe il medesimo che condiziona il moto di un pianeta o il volo di un gabbiano, riducendosi il “libero arbitrio” alla mera libertas a coactione.

Questa concezione – non “scientifica”, ma inavvertitamente metafisica – della natura e dell’uomo circola almeno dai tempi di Hobbes, ed è oggi incredibilmente diffusa anche a livello popolare. In essa, però, spicca una contraddizione ineludibile e tale da invalidare l’intera prospettiva.

L’uomo è solo un “pezzo” della natura; di quella stessa natura nella quale non sarebbe dato reperire alcun finalismo. Ma la natura-uomo, come persino uno scienziato riduzionista dovrebbe poter riconoscere, svolge ogni sua operazione sulla base di un fine. Indosso un maglione per difendermi dal freddo; muovo le dita sulla tastiera affinché compaiano le parole sullo schermo; leggo un libro perché voglio imparare.

Siamo così di fronte a un evidente paradosso: nella natura non esisterebbero cause finali, ma una parte della natura (l’uomo) adempirebbe il proprio “funzionamento” quasi esclusivamente sulla base di esse.

L’incongruenza richiede di essere sanata. Delle due, l’una: o la natura-uomo non svolge le sue operazioni in base a cause finali (fatto smentito dall’evidenza empirica), o l’uomo non è solamente natura.

Ma se l’uomo non è solamente natura, “cade” anche ogni motivo di ritenere che nella natura materiale extra-umana non esistano cause finali. Il fatto che l’uomo non sia solo natura, infatti, implica che esista qualcosa di superiore alla natura; se esiste qualcosa di superiore alla natura, la stessa natura non può che essere subordinata ad esso; ma l’idea stessa di subordinazione implica l’idea di finalizzazione.

È il superiore che “detta le regole”: se esso ravvisa nell’inferiore una finalità, significa che quella finalità esiste davvero. E il discorso non si esaurisce qui.

mercoledì 1 aprile 2009

La Gerusalemme deflorata

Il Giudice Costituzionale e la novella Armida

"Fra melodia sì tenera, fra tante
vaghezze allettatrici e lusinghiere,
va quella coppia, e rigida e costante
se stessa indura a i vezzi del piacere.
[....] Ei nel grembo molle
le posa il capo, e 'l volto attolle,
e i famelici sguardi avidamente
in lei pascendo si consuma e strugge.
[....] In quel punto ei sospirar si sente
profondo sí, che pensi: "Or l'alma fugge
e'n lei trapassa peregrina".[...]
L'uno di servitù, l'altra d'impero
si gloria, ella in se stessa ed egli in lei..."

Anche nel 2009, Rinaldo lascia Gerusalemme al suo tristo destino, per pascersi nel grembo d' Armida.

Rinaldo é oggi il consesso dei Giudici della Corte Costituzionale che non ha mancato d'affondare la legge 40.
Interessante non è solo il tempismo, per cui questa decisione tuona sul ciel sereno del bilancio positivo dell'applicazione di tale norma, recentemente presentato dalla Sottosegretario On. Roccella al Parlamento, a meno di cinque anni dalla sua entrata in vigore.

Interessante é scoprire che la nuova Armida, l'intrepida Suffragetta che ne ha impugnato la validità di fronte al Tar del Lazio non è una donna, in carne ed ossa, non è più una "madre" che fa del proprio utero una Porta Pia ideologica, come eravamo abituati sin dai tempi di Adele Faccio, non é più un essere umano, unione d'un corpo senziente e d'un'anima spirituale, che teatralizza il proprio vissuto sfigurato dal dolore chiedendo pietà "contro una legge illiberale e impietosa".

Armida ha un nome, ma non un volto nè un corpo.
Ha un nome, e una sede.

Armida è la World association of reproductive medicine, una non meglio precisata "associazione" che organizza e rappresenta gli interessi collettivi di molti centri e singoli professionisti che svolgono attività di procreazione medicalmente assistita (come riportato sul sito staminali.aduc.it, giacchè dal sito dell'associazione stessa non si ha modo di apprendere chi siano).
Una associazione attiva in Italia, India, Russia, Israele, Messico..

A sostenere la World Association Reproductive Medicine, anche:

. l' Associazione Luca Coscioni, che conosciamo, anche se per altri motivi, non propriamente legati a gravidanze e maternità ;

. l' Associazione "Madre provetta" sul sito della quale appare un curioso annuncio pubblicitario: "Maternità surrogata - In Russia. Servizi completi. Approccio individuale";

. l' Associazione "Amica Cicogna", che, sempre dal suo sito, implora le coppie di non abbandonare i propri embrioni (sembra una pubblicità progresso dell'ente protezione animali contro l'abbandono del cane in autostrada durante l'esodo estivo..). Ma, come direbbe Corrado, non finisce qui! I motivi per cui secondo questa "Amica Cicogna" gli embrioni non dovrebbero essere abbandonati, sono, se possibile, più surreali dell'appello stesso: NON ABBANDONATE i vostri embrioni perché contengono cellule staminali che potrebbero tornar utili "in caso di necessità" a voi o ai vostri figli (e uno..); NON ABBANDONATE perché potrebbero esser donati all'estero ad una coppia sterile per l'eterologa (..e due); NON ABBANDONATE perché potete anche donarli a Università o a Istituti di Ricerca all'estero (..e tre!).


Chissà da quali nobilissimi motivi sarà stato mosso dunque questo Circolo di Carità a presentare ricorso contro una legge che, come dichiara il Prof. Alberto Gambino nientepocodimenoché a Repubblica.it, "era concepita come uno strumento per porre rimedio a problematiche relative alla capacità di procreare e non invece, come strumento per operare soluzioni eugenetiche. Eliminando il divieto di creare più di tre embrioni e l'obbligo di impianto degli embrioni creati, si produrrà come inevitabile conseguenza la possibilità di selezionare gli embrioni migliori e scartare gli altri."

Grazie a Dio, da Embrione ero già Cattolico.

Gran Torino



Visto ieri, a sbafo, Gran Torino di Clint Eastwood. C'è chi lo ritiene un film "impliciter cattolico". Mah. Quel che è certo, considerati anche i suoi lavori precedenti, è che Clint Eastwood non ha mai conosciuto un prete.
Vedibile, ad ogni modo.